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28/Nov/2018

La dopamina può essere utilizzata per la cura delle neuropatie ottiche per la sua azione di neurotrasmettitore delle cellule ganglionari.

Recentemente negli Stati Uniti è stata scoperta una proteina chiamata G prodotta dall’epitelio pigmentato e definita GPR143 dall’ingegneria molecolare che viene attivata dalla dopamina.

Questo recettore GPR143, ha una funzione primaria nella salvaguardia neurosensoriale delle cellule ganglionari retiniche; sia della macula che del nervo ottico. L’attivazione di questo recettore è fondamentale per combattere malattie che coinvolgano quindi le cellule ganglionari. In affezioni come la neuropatia ottica ischemica non arteritica che rappresenta la f0rma più eclatante di danno delle cellule ganglionari, l’uso di dopamina sotto forma di levodopa, ha permesso di restituire anche diversi decimi di visus a pazienti che sarebbero diventati sicuramente ciechi nonostante l’uso in bolo di cortisonici e di anticoagulanti.

Studi del 2016 effettuati da istituti universitari statunitensi, hanno dimostrato l’effetto protettivo dalla dopamina e dal suo precursore levodopa, dalle maculopatie degenerative legate all’età, sia nelle forme umide che secche, e la sua efficacia sulle neuropatie ottiche ischemiche. Già nel 2000 il professor Johnsonn aveva dimostrato come questo neurotrasmettitore fosse capace in una percentuale importante di pazienti con neuropatia ottica ischemica, specie se trattati precocemente nelle prime settimane, un recupero dell’attività visiva altrimenti compromessa.

Anche l’uso associato di farmaci antiVEGF per via endovitreale pare sia capace di decongestionare le fibre ganglionari della testa del nervo ottico specie nei dischi ottici più piccoli che soffrono di una specie di intasamento vascolare.

Esperienza clinica

Ho potuto notare, nella mia esperienza clinica, come pazienti affetti da morbo di Parkinson, che utilizzavano la levodopa (il precursore della dopamina) risultavano meno soggetti ad ammalarsi di maculopatia legata all’età rispetto a pazienti normali. Lo stesso dato fornito dall’Università del Missouri su 40000 pazienti testati. Inoltre altro dato che ho notato, seppure su una piccola percentuale di pazienti, quelli che venivano colpiti da episodi di neuropatia ottica ischemica, avevano un quadro clinico oculare decisamente meno devastante rispetto a pazienti che non sono trattati con levodopa conservando un visus spesso intorno a 1/10 con difetti campimetrici altitudinali meno gravi.

deficit altitudinale inferiore tipico delle neuropatie ottiche ischemiche specie posteriori

 

Edema della papilla ottica con interessamento della regione maculare. Si osservino emorragie peripapillari e maculari

Fluorangiogafia di un caso di neuropatia ottica ischemica con edema del lato temporale della papilla ottica ed enorme congestione vascolare.

Se poi aggiungevo 900mgr di idebenone come in una comune sindrome di Leber, nel corso di 4/8 mesi in una percentuale del 50% ho notato un miglioramento. Questo protocollo è off-label essendo la levodopa destinata al solo morbo di Parkinson e l’Idebenone alla Sindrone di Leber; esistono comunque appositi moduli per richiedere il consenso informato anche se molti farmaci orfani o off label con il tempo si sono mostrati utili in malattie diverse rispetto a quelle per cui erano state concepite.

E’ il caso della Talidomite, usata negli anni 50-60 come antiemetico per le donne gravide, poi censurata per gli effetti teratogeni e alla fine riutilizzata brillantemente per il Mieloma multiplo, per il morbo di Crohn, per la malattia di Behcet e altre affezioni anche tumorali. Lo stesso dicasi per molti farmaci anti VEGF inizialmente usati in malattie tumorali e poi rivelatesi straordinarie per le maculopatie umide.

Considerazioni

E’ una mia considerazione, ma credo che questi ultimi farmaci abbiano efficacia anche su malattie sulle quali non sono state testate. Un esempio è stato l’uso su due pazienti giovani con retinite pigmentosa con edema maculare. Trattati con un ciclo di farmaci antiVEGF circa dieci anni fa, hanno avuto un netto miglioramento del visus e del campo visivo. Per alcuni colleghi è stata fortuna, ma intanto oggi uno fa il tassista ed un altro il direttore commerciale e guidano l’automobile giorno e notte. Il segreto è in tutte le patologie quello di intervenire subito.

La dopamina ad esempio deve essere utilizzata nelle neuropatie ottiche entro tre settimane. Lo stesso vale per l’uso di cortisonici come il triamcinolone che possono essere usati per via intravitreale; nelle prime settimane di una papillite o di una neuropatia ottica ischemica funzionano con molta efficacia. Se poi aggiungiamo la levodopa proteggiamo le cellule ganglionari in modo sostanziale.

Altro effetto positivo nelle neuropatie di qualsiasi origine è l’uso di stimolazione elettrica transcorneale che incrementa le possibilità delle cellule ganglionari di sopravvivere. In questo articolo assolutamente basato su effetti visti nei miei ambulatori, ho voluto solo cercare di far capire che a volte le soluzioni esistono ma non le vediamo e che finche’ l’ingegneria genetica non avrà scoperto le centinaia di genotipi che sono dietro molte otticopatie genetiche e non apriremo la mente su quelle acquisite, rifugiandoci dietro schemi terapeutici convenzionali ma inefficaci, vedremo aumentare a dismisura il numero di pazienti diventati ciechi.

Conclusioni

Per concludere volevo accennare qualcosa riguardo l’associazione tra idebenone, farmaco antiossidante mitocondriale utilizzato nella Leber, e la stimolazione elettrica delle cellule ganglionari; come dimostrato dall’Università di Tubingen che usa elettrostimoli per aumentare il campo visivo in pazienti affetti da retinite pigmentosa.

Spesso se facciamo un OCT dopo circa 6-8 mesi notiamo in un buon numero di pazienti un aumento del diametro delle fibre ganglionari (RFNL). Naturalmente spesso capitano pazienti che arrivano in visita dopo anni di malattia e con uno schema di terapia che include il solo idebenone. Ebbene, i risultati da me visti sono molto scadenti e quasi nessuno arriva a 1/10 di vista.

Quelli che hanno eseguito stimolazione elettrica spesso autoprescritta, o hanno utilizzato levodopa, hanno spesso avuto risultati migliori. L’unica problematica è il dosaggio e il fatto che questo farmaco non può essere utilizzato cronicamente, controllando con attenzione se dovessero subentrare effetti collaterali.

Anche nelle neuropatie ottiche ischemiche l’utilizzo di questo trattamento ha prodotto risultati di rilievo.


23/Mag/2017

Con il termine glaucoma si intende tutta una serie di patologie che causano neuropatie ottiche in cui le fibre del nervo ottico vanno incontro a processi degenerativi con conseguente danno a carico del campo visivo.

Il glaucoma ha spesso una evoluzione insidiosa e il paziente arriva alla visita specialistica dopo anni di malattia con conseguente maculopatia e danno al campo visivo; soprattutto un suo restringimento.

Non rari i casi di pazienti che si recano alla visita oculistica già con cecità o atrofia ottica avanzata.

Per avere un significativo restringimento del campo visivo occorre che almeno il 40/50% di fibre nervose sia coinvolto.

Nell’immagine si osserva una notevole escavazione del disco ottico (frecce) con pallore dello stesso e vasi nasalizzati

Fattori di rischio

Per il glaucoma costituiscon fattori di rischio la pressione oculare aumentata come deficit della microcircolazione del nervo ottico. Sono considerati sospetti valori pressori fra 18 e 20 mmHg.

Importante nei soggetti con pressione oculare ai limiti la curva tonometrica che consiste nel misurare una pressione basale e, dopo aver bevuto un litro di acqua in 15 minuti, ripetere la misurazione ogni quarto d’ora per un’ ora: se a 30/40 minuti la pressione misurata è superiore a 6/8 mmHg rispetto a quella basale, ci sono fondati sospetti di glaucoma.

Importante è anche la struttura dell’angolo irido-corneale (visibile con gonoscopio). Un fattore sicuramente determinante è poi la familiarità (la presenza di glaucoma in un parente prossimo aumenta il rischio dal 10 al 30%).

Altro particolare da osservare è l‘apetto delle fibre nervose sulla papilla ottica; per questo si utilizza l’OCT (tomografia a coerenza ottica) che permette di valutare lo spessore delle fibre nervose papillari (RNFL).

Ulteriore fattore importante è lo spessore corneale: il valore normale è di 540/550 micron. Maggiore è lo spessore minore è il rischio di danno al nervo ottico.

Tipologie di glaucoma – sintomatologia

Il glaucoma può essere ad angolo aperto o ad angolo stretto; questo secondo estremamente minaccioso per la possibilità di avere una pressione oculare che, dai valori normali di 15/16 mmHg, può arrivare fino a 70/80 mmHg con sintomatologia drammatica e cefalea, dolore oculare acuto per interessamento del trigemino, nausea e vomito.

Se non si interviene prontamente il paziente rischia di perdere la vista anche in poche ore.

Terapia

Il glaucoma può essere trattato con lasertrabeculoplastica normale o selettiva.

Oggi molto efficaci sono farmaci a base di prostaglandine o beta-bloccanti da soli o associati ad altri farmaci qad uso topico.

In determinati casi si può far ricorso alla pilocarpina collirio usatissimo negli anni 50/60 ed attualmente in disuso, ma che in certi casi, come nelle forme acute, può svolgere un ruolo importante.

Chirurgia

Raramente si ricorre alla chirurgia; essa si riferisce al 10% dei casi di glaucoma.

Nei glaucomi ad angolo chiuso (stretto) si usa lo YAG laser per provocare una iridectomia, la trabeculectomia in cui si crea uno sportellino sclerale per il deflusso dell’umor acqueo e conseguente abbassamento della pressione intra-oculare.

 



Dr. Carmine Ciccarini

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