Attendere prego...



Blog

Pubblicazioni

28/Mar/2023

MALATTIE RARE CON MUTAZIONE DEL GENE ABCR4: STUDI CLINICI E NUOVI ORIZZONTI DI CURA

Malattia di Stargardt: farmaco a base di zafferano sembra bloccare la degenerazione retinica

Uno studio clinico senza precedenti condotto da esperti della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli mostra l’efficacia dello zafferano, per la prima volta su pazienti, come cura per una grave malattia degenerativa della vista, la sindrome di Stargardt, una rara malattia genetica.[1]

Il trattamento è semplice e senza effetti collaterali.

La malattia di Stargardt è una degenerazione ereditaria della macula; i sintomi consistono soprattutto nella riduzione della visione centrale, che inizia durante l’adolescenza o, comunque, in giovane età essendo associata ad una mutazione genetica. Inoltre, i pazienti possono lamentare disturbi nella percezione dei colori (discromatopsia), macchie nere nel campo visivo (scotomi centrali) e intolleranza alla luce (fotofobia). La malattia è causata da mutazioni del gene chiamato ABCA4, il cui malfunzionamento provoca disfunzione e perdita delle cellule retiniche (distrofia dei coni). La malattia compare quando l’individuo ha entrambe le copie del gene con le mutazioni. La progressione della malattia è legata a fenomeni neuro-infiammatori indotti dal crescente stress ossidativo delle cellule retiniche che vengono intaccate dai radicali liberi.

 Nel trial clinico citato, sono stati coinvolti 31 pazienti con Stargardt trattati con 20 milligrammi al giorno di zafferano (Repron, brevetto internazionale) in compresse. I pazienti hanno assunto lo zafferano per sei mesi e poi una sostanza placebo per i successivi sei.

La funzione visiva si è mantenuta stabile durante i sei mesi di trattamento mentre tendeva a deteriorarsi durante l’assunzione del placebo.

Si tratta di una nuova dimostrazione dei potenti effetti terapeutici dello zafferano; in studi meno recenti su modelli animali è stato dimostrato che lo zafferano riduceva la morte cellulare causa della degenerazione retinica, contrastava l’attivazione di processi neuro-infiammatori e manteneva la funzione visiva più a lungo rallentando la progressione del processo neurodegenerativo della retina.

Nell’uomo l’efficacia del trattamento con zafferano è stata dimostrata in pazienti con degenerazione maculare legata all’età (DMLE) in fase iniziale o mediamente avanzata non essudativa [2]

A conclusione della Fase II di sperimentazione, si può dire non solo che il farmaco è stato ben tollerato, ma anche che riesce a rallentare il processo neurodegenerativo della retina, quel processo che nelle persone con Stargardt porta progressivamente alla cecità. La malattia di Stargardt, pur essendo rara, rappresenta la forma più comune di distrofia ereditaria della macula, con una prevalenza di circa 1 caso ogni 8-10mila individui. Nella maggior parte dei pazienti, la patologia è dovuta a mutazione del gene ABCR4; lo studio clinico di Fase II condotto nella malattia di Stargardt, e reso possibile anche grazie al contributo della Fondazione Telethon, sembra aprire la strada alla concreta possibilità di una terapia basata proprio sull’utilizzo dello zafferano.

Il LICOPRENE

Una molecola naturale di uno spiccato potere antiossidante e citoprotettivo

Antiossidanti a contrasto dei radicali liberi

Il licopene è una sostanza naturale presente in alcuni alimenti di origine vegetale. Appartiene al gruppo dei carotenoidi, un insieme di pigmenti di colore giallo-violetto molto diffusi in natura. L’interesse scientifico verso il licopene è dovuto alle sue spiccate proprietà antiossidanti.

In quanto carotenoide, il licopene è contenuto soprattutto in alcuni alimenti del regno vegetale. Se consideriamo il contenuto di licopene nei vari cibi, il pomodoro è sicuramente l’alimento principe (ne contiene da 3 a 40 mg per kg di prodotto fresco). Altre fonti minori sono rappresentate da vegetali come pompelmo rosa, arance rosse, carote, albicocche e cocomeri.

Negli ultimi anni, l’integrazione con licopene ha assunto un grande rilievo, sia clinico che sperimentale. Diverse sono le attività biologiche del licopene e le conseguenti utilità cliniche attribuitegli.
Attualmente al licopene vengono ascritte:

  • Proprietà antiossidanti, importanti nel contrastare l’azione lesiva delle specie reattive dell’ossigeno sulle strutture cellulari e nel prevenire l’ossidazione del colesterolo LDL;
  • Proprietà antiaterogene e cardioprotettive, legate sia all’azione inibitrice nei confronti dell’enzima HMG-CoA reduttasi (coinvolto nella sintesi endogena di colesterolo), sia alla capacità di indurre l’espressione di recettori per le LDL sulla superficie dei macrofagi;
  • Proprietà antitumorali, dirette soprattutto nei confronti del tumore alla prostata, e preziose per la capacità di preservare la funzionalità di geni coinvolti nella regolazione del ciclo cellulare.
  • Al licoprene si riconoscono soprattutto proprietà antiossidanti a contrasto dei radicali liberi e quindi la sostanza risulta efficace come coadiuvante nel trattamento delle sindromi degenerative della retina legate all’accumulo di sostanze di scarto (lipofruscina).

 

Il mio punto di vista

Per quanto concerne il mio parere professionale ritengo che questo studio sia estremamente rilevante nella cura di questa tipologia di patologie; dal punto di vista clinico sto attualmente utilizzando per alcuni miei pazienti una dose doppia (40mg di Repron) di zafferano in associazione ad un agente antiossidante mitocondriale, soprattutto in quei pazienti affetti da neuropatie ottiche di base genetica (sindrome ereditaria di Leber), o nelle molteplici forme di degenerazioni retiniche spesso non classificabili dove si osservano mutazioni del materiale genetico dei mitocondri.

 

 

[1] Quanto esposto nell’articolo è emerso da uno studio pubblicato sulla rivista “Nutrients” coordinato dal professor B.Falsini, professore associato dell’Istituto di Oftalmologia all’Università Cattolica e specialista presso l’UOC di Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, insieme alla professoressa S.Bisti dell’Università degli Studi dell’Aquila.

[2] Secondo quanto emerso dal trial condotto dal  professor Falsini e confermato in altri trial clinici di altre università e Paesi.

 


17/Nov/2017

La malattia di Stargardt colpisce un individuo su 10.000 ed è dovuta alla mutazione del gene ABCA-4 nei fotoricettori; la mia esperienza professionale mi ha portato alla formulazione di una ipotesi terapeutica.

Nelle malattie genetiche come la Stargardt, prima che la terapia genetica che utilizza come vettori dei lenti virus trasportatori di DNA specifico a modificare l’alterazione genetica diventi attuale, occorre formulare una terapia che possa permettere ai pazienti affetti di poter essere sottoposti a cure futuribili senza prima essere diventati ciechi.

L’immagine retinica mostra nella zona maculare depositi giallognoli di lipofuscina. Ciò definisce un quadro tipoco della Stargardt.

Qualche anno fa anche malattie genetiche come le atrofie ottiche venivano considerate incurabili. Eppure, con adatte terapie documentate da test di laboratorio, attualmente ho in cura pazienti che sono riusciti a recuperare visus da 1 dino a 5/10 con miglioramento del campo visivo importante diagnosticato anche da altri centri specialistici. E’ noto che pazienti con Stargardt devono seguire una dieta opportuna facendo molta attenzione all’apporto di vitamina A.

Un eccesso di questa vitamina viene trasformato dal gene mutato in derivati tossici che noi percepiamo all’esame del fundus come depositi giallognoli sottoretinici di lipofuscina.

In figura si evidenziano i depositi giallastri di materiale lipoproteico (drusen) associabile a quello comunemente definito lipofuscina. Il deposito si trova sotto ai fotoricettori retinici (in marrone) sotto l’epitelio pigmentato; con il neuromediatore dopamina determina il giusto funzionamento delle cellule ganglionari.

Come per la sindrome di Leber, andrebbe usato l’idebenone che, bloccando i radicali liberi che inibiscono l’ATP-mitocondriale (fonte energetica essenziale per le cellule nervose) permette alle cellule retiniche di non”morire di fame” per la carenza di fonti energetiche.

Levodopa – Idebenone – Vitamina E

Anche la levodopa, che studi amenricani hanno utilizzato per combattere la neuropatia ottica ischemica oltre alla maculopatia, potrebbe essere utile essendo una fonte di dopamina, neurotrasmettitore responsabile del “dialogo” tra cellule ganglionari senza le quali si arriva ad una maculopatia associata ad atrofia ottica. Infine un terzo fattore da considerare è la vitamina E (Alfa-tocoferolo); ad alti dosaggi che agisce sulla lipofuscina presente nel cervello e quindi per analogia anche sui recettori retinici; tutto ciò per la sua potente azione antiossidante e per la capacità di potenziare gli effetti della vitamina A a livello delle menbrane cellulari.

Quindi in conclusione l’associazione di idebenone, vitamina E e dopamina, può. almeno teoriacamente, contrastare la formazione di lipofuscina. Naturalmente ci vorranno anni per stabilire se questo approccio sia efficace a livelli significarivi. In ogni caso ritengo che, vista la facile reperibilità ed il costo moderato di queste sostanze, può valerne la pena.



Dr. Carmine Ciccarini

STUDIO DI PERUGIA:
Centro Diagnostico Laser Via M. Magnini 18
Tel. 075 5007094 – Tel. 339 2248541

STUDIO DI CHIUSI (In provincia di Siena):
Piazza XXVI Giugno 1944 N.4
Piano secondo
Tel. 339 2248541

P. Iva : 02169660541
carmineciccarini@gmail.com

Privacy Policy - Cookie Policy

Pagine Sì Spa

Carmine Ciccarini – MioDottore.it