Atrofie ottiche anomale: casi clinici
Di seguito sono presentati alcuni casi clinici non diagnosticati di atrofie ottiche anomale che ho incontrato nella mia esperienza professionale.
Le atrofie ottiche su base genetica non sempre si manifestano in modo convenzionale (anomale) riguardo ad età e manifestazioni cliniche. Mi è accaduto spesso di visitare pazienti che, all’esame del fundus, manifestavano un nervo ottico atrofico o sub-atrofico, con progressiva perdita del visus.
Questi casi li classificavamo genericamente come “atrofie ottiche di n.d.d.” o come “sospetta neuropatia ottica ischemica” specie se insorgevano acutamente. Oggi posso affermare che in realtà molti di questi casi erano la conseguenza di geni “OPA” tipico dell’atrofia ottica dominante o di altri geni affiliati alla sindrome di Leber.
A tal proposito riporto il caso di un paziente marchigiano di 57 anni venuto in visita per un progressivo abbassamento del visus a 1/2 decimi. Il campo visivo che mostrava lesioni molto estese. Sospettai immediatamente che si trattasse di un’atrofia legata a fattori genetici. Per contrastare il decorso della malattia prescrissi alti dosaggi di Idebenone, Levodopa e acido Ittioico.
Dopo soli 4 mesi di trattamento, il paziente si recava in un centro specializzato per le atrofie congenite e il noto primario riscontrò un visus di 4/10 nell’occhio peggiore e a 5/10 nell’altro.
L’esame del campo visivo eseguito con il solito strumento degli esami precedenti mostrava un netto miglioramento.
Ciò dimostra che l’associazione dei tre principi attivi è risultata molto valida.
Levodopa
Vorrei poi raccontare di molti casi che mi sono capitati della cosiddetta otticopatia ischemica acuta che tuttora vengono curate con cortisonici e calciparine senza alcun risultato se non la cecità. Personalmente in casi simili usavo la levodopa. Il trattamento ha mostrato, in circa il 30% dei casi, una riacquisizione di un paio di decimi di vista rispetto ad una sicura cecità.
Un giorno lessi uno studio del prof. Johnson dell’Università del Missouri del 2016; nell’articolo si utilizzava la stessa terapia con risultati sovrapponibili; tutto questo non nasce per caso, ma dalla considerazione che la levodopa, trasformandosi in dopamina a livello retinico, determina una stimolazione ed una riconnessione tra le cellule ganglionari della retina. Esse permettono la visione e costituiscono il nervo ottico.
Dopamina
Vorrei poi parlare della sindrome di Leber nelle sue varianti.
Nel 1987 visitai una paziente risultata poi portatrice del gene della Leber trasmesso alle due figlie e due nipoti. La donna, che presentava un visus di 10/10 bilaterali, nel giro di pochi anni arrivò ad una cecità assoluta.
In quel caso, non riuscendo a capire l’anomalia, pensai si trattasse di una neuropatia ischemica insorta acutamente.
Vent’anni dopo la nipote della stessa paziente, che fino ai 43 anni aveva un ottimo visus, si presentò con una riduzione visiva di 1/20. (conta delle dita a 50cm). Il figlio di questa donna, attualmente sedicenne, è in cura per atrofia ottica di Leber diagnosticata dalla clinica oculistica di Siena dall’età di 6 anni. In entrambi i casi ho eseguito la stessa terapia.
Il figlio è passato da 1-2/10 a 5-6/10. La madre, dopo 5 mesi di trattamento con levodopa – che si trasforma in dopamina – associato a stimolazione del nervo ottico – e quindi del neurotrasmettitore dopamina stesso – ha visto risalire il visus a 3/10.
Conclusioni
Quanto illustrato fino a questo punto è frutto chiaramente della mia esperienza professionale; i casi che negli anni ho affrontato mi hanno portato a formulare ipotesi cliniche e a sperimentare nuove terapie.
Tutte queste esperienze ci fanno capire che i modelli che ci siamo creati nel corso degli anni sulle atrofie ottiche (anomale) probabilmente vanno riveduti. Sono convinto che molti casi di perdita della vista per sospette atrofie ottiche siano in realtà la conseguenza di mutazioni anomale del DNA; queste possono essere simili ai geni OPA o alle mutazioni tipiche della Leber, ma anche mostrare delle differenze che talvolta le rendono anomale.
Concludo con una domanda che spesso mi pongo: ma esiste la neuropatia ottica ischemica? oppure ci troviamo di fronte ad anomalie genetiche curabili, se riconosciute, ma altrimenti incurabili? Ci auguriamo che siano condotti sempre più studi sperimentali per dare risposte a queste domande.